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"'La metamorfosi del buio' è un labirinto univiario (unicursale), un tracciato districabile di testi che rinviano a un centro, a un nascosto gheriglio di significati, di fronte al quale chi crede di essere ormai giunto alla fine del cammino, si trova catapultato in un nuovo inizio.[...] scava l'inferno interiore, la più remota origine dell'essere, l'atra abissalità, con il ritmo insistente dei suoi versi, con il pieno della sua ruvida musicalità, con la sua abilità di saper tessere insieme saperi diversi (il mito e la postmodernità), codici differenti (gergo scientifico e letterarietà), secondo una visione plurima e borgesianamente unitaria dell'enciclopedia fattuale e cosale.[...] Da buon marinaio di terra dolce, Salvatore Martino getta le sue àncore nell'eternità, avendo sperimentato nella voluttà dei corpi tutte le modalità del vero, avendo trafitto il tempo da parte a parte, un attimo prima che tutto sparisca nella torbiera dell'antimateria.[...] Si noti con quanta sagacia Salvatore Martino curi l'architettura dei suoi scritti che risulta magra, altissima, vestita di nero, tirata all'indietro verso le regioni color antracite dell'inconscio; in sostanza un edificio maieutico, ironico e sdegnoso, eterodosso, con al centro un pozzo artesiano, dal quale la corda filologica strattona e riporta in superficie il continente sommerso del destino individuale e collettivo.[...]" (Donato di Stasi)